Vita da cani

“Muoviti Gigio”. “Sei troppo lento! A questa velocità non ce la faremo mai ad allontanarci dal quartiere prima che i nostri padroni ci vedano!”

Pallino era eccitatissimo all’idea di fare una “vacanza” di un giorno in giro per la città di Turano. Avevamo già progettato la scappatoia il giorno prima nel mio giardino. Ci trovammo di fianco al palo della luce della nostra via. C’eravamo solo io, Cirillo, il capo della nostra spedizione, Pinco e Gigio. Mancava solo Pallino. Era sempre l’ultimo. Noi lo giudicavamo un cane matto; ogni cosa che facevamo si eccitava e cominciava ad abbaiare come un forsennato strusciandosi e rigirandosi per terra. Questa volta però gli avevamo raccomandato di stare calmo perché era una missione segreta e nessuno doveva sentirci.

“Eccolo” urlò Gigio con la sua voce forte e rauca. C’eravamo tutti. Era una vacanza per soli cani.

Arrivammo alla fine della via ed entrammo in un parco dove si trovava il grande cespuglio, di cui tutti i cani parlavano. Era tutto verde e davvero gigante.

“Guardate” disse Pinco. “C’è una piccola entrata lì davanti a noi nel grande cespuglio! Possiamo entrarci e metterci un po’ d’accordo su quello che faremo.”

Corremmo verso l’entrata ed entrammo uno ad uno visto che il buco era un po’ stretto.

“Per fortuna che siamo cani piccoli” pensai.

“Allora, cosa faremo adesso?” ci chiedemmo.

“Ho sentito l’altro giorno da Bob, il nostro vicino di casa, che il suo padrone lo ha portato a fare un giro in un campeggio, e ha detto che si trova non lontano da qui nella direzione della chiesa. Tutti sappiamo dove si trova.”

“Si, potremmo andare lì!” esclamarono i compagni.

Ci riposammo per un po’. Lo spazio era piccolo, ma noi cani stiamo da tutte le parti. Eravamo sdraiati tutti uno sopra l’altro. Almeno dormivamo caldi visto il venticello abbastanza freddo che tirava fuori. Le persone sedute sulle panchine non si erano neanche accorte che noi eravamo dentro, grazie alla folta chioma del cespuglio, infatti all’interno era quasi buio. Mi svegliai prima io, tutti gli altri stavano dormendo: Pinco era sopra Pallino e Gigio era nascosto sotto il lungo pelo di Pinco.

“Svegliatevi!!” urlai.

“Vogliamo dormire!” urlarono in coro i miei tre amici con voce addormentata.

Mi avvicinai alle loro tre orecchie e abbaiai così forte che loro si alzarono di scatto in piedi mezzi intontiti.

“E’ ora di cena, andiamo a papparci qualcosa al campeggio” proposi io.

“Giusto, avranno di sicuro qualche salsicciotto già tutto cotto gli umani!”.

Uscimmo senza farci notare dal cespuglio e proseguimmo camminando. Nessuno poteva farci niente: avevamo tutti e tre il collare. Arrivammo al campeggio.

“Guardate” disse Pinco. La cena era pronta! C’era un buco nella rete del campeggio, e al di là si trovavano quattro belle salsicciotte cotte alla brace. Il tesoro si trovava in un piatto appoggiato sugli scalini di una piccola casetta, forse gli umani lo stavano facendo raffreddare al freddo, pensammo.

“Dobbiamo sbrigarci!” esclamai.

Entrammo uno ad uno dalla rete e prendemmo tra i denti ognuno la propria salsiccia. Sentivo già il sapore. Era squisita, peccato per quegli umani che l’avevano preparata. Ritornammo nel cespuglio e ci mangiammo la nostra delizia.

Era pomeriggio e non sapevamo cosa fare. Andammo nella discarica della città, lì si trovavano i cani randagi quindi dovevamo stare molto attenti, perché da quello che mi raccontavano gli altri cani, quelli randagi spesso sono molto aggressivi. Era pieno di cani di stazze diverse; noi eravamo i più piccolini sia di grandezza che di età, avevamotutti e quattro 12 anni, con qualche mese di differenza. Ci eravamo conosciuti perché tutti i nostri padroni erano ottimi amici e quando si trovavano ci portavano sempre con loro e ci lasciavano insieme. Tra di noi c’è un legame molto forte. Ed ecco arrivare un furgone.

“Tutti via!” urlò uno dei tanti cani “Arriva l’accalappia cani!”.

Noi non avevamo paura.

“Tanto abbiamo il collare” disse Pinco con il suo tono da sbruffone. Ci allontanammo per sicurezza perché il vecchio furgone non ci investisse.

“Guardate, povero cane, quello là! Non riesce mica a correre!!”

Il suo destino era segnato: l’umano lo avrebbe catturato! Pensai tra me e me. Infatti l’umano scese dal furgone e con una specie di retino gigante lo pescò come un pesce e lo rinchiuse nel furgone. Andò via.

“Povero Norton”, dissero gli altri cani “Era troppo vecchio, non poteva farcela!” disse lo stesso di prima.

“ E voi chi siete?”abbaiò un cane che era sbucato da dietro un cassonetto.

“Siamo cani di casa” risposi.

“Andate via, sporchi cani!” mi disse.

Per loro eravamo cani sporchi nel senso che eravamo privilegiati e loro erano invidiosi. Io non risposi e dissi a Pinco, Pallino e Gigio di ritornare a casa. Ormai erano le otto di sera. Ci fermammo come sempre di fianco al solito palo della luce e ci salutammo.

“Che avventura oggi”… pensai mentre riposavo nella mia cuccia.