Cato e Clove Parte1

Solo chi ha letto Hunger Games per intero mi può capire, ma io mi sono davvero affezionata a Clove: la ragazza del distretto 2. E non mi è piaciuto il modo in cui è morta … perché secondo me il suo partner (Cato) aveva ancora qualcosa di davvero speciale da dirle. Io ci ho visto questo, non so voi, e voglio dare a quei poveri favoriti l’occasione di scambiarsi le ultime parole rimaste mute. A cominciare del momento dell’attacco degli aghi inseguitori.

“Clove cedette poche centinaia di metri dopo l’albero: le punture sul polpaccio e sulla coscia erano gonfie e pesanti di un orrido liquido vischioso e verdastro, sentiva le fibre muscolari squarciarsi ad ogni minima contrazione e non vedeva più nulla se non le sue visioni coperte da un fastidioso velo di un’indefinita nebbia. Iniziò a chiamare Marvel e il ragazzo del 4 ma in quel momento faticava e ricordare il suo nome e Cato, forse l’unico che davvero voleva arrivasse. Alla fine ci rinunciò: non sarebbe tornato nessuno e lei sarebbe morta lì, senza aver vendicato la morte della sua amica Lux o quella della ragazza del 4 o di suo fratello Edis,anzi, sarebbe morta come lui: a poco più di sedici anni, nell’arena, per mano degli strateghi e di uno degli altri tributi, quello che si era ripromessa di uccidere, Katniss Everdeen. E la sua sorellina Caterine o suo fratello maggiore David non avrebbero più avuto qualcuno che procurava a loro e alla mamma il cibo, con le tessere o meno. Lei, Clove Sharcatin, era la loro ultima possibilità: papà, Edis e poi lei che non sarebbe mai più rientrata nel suo amato distretto 2. Le lacrime le uscirono dagli occhi carichi di vergogna, di dolore, di rabbia e di terrore e bagnarono i suoi capelli neri e la morbida erba sottostante. Prima che le visioni le facessero perdere la ragione, alzò la testa e vide sul cespuglio accanto una ghiandaia imitatrice a cui mormorò, con la voce più dolce che riusciva ad usare <<Cato, vinci per me>>. Sentì quei graziosi uccellini, che tanto le piacevano da piccola, ripetere il suo messaggio una dopo l’altra fin dove il suo orecchio poteva sentire. Poi tutto tacque.

Cato si risvegliò confuso e intorpidito nel loro campo base vicino al lago, si guardò intorno e quello che vide fu più sconcertante delle sue allucinazioni: Marvel svenuto e pallido, che mormorava preoccupato il nome della sua compagna Lux, il ragazzo del distretto 4 riverso a terra immerso nel pus, esamine. Se univa quel panorama alle immagini di Lux che si contorceva istericamente a terra prima di morire e dell’altra favorita che veniva sollevata in aria dall’hovercraft gli risultava un’immagine che avrebbe terrorizzato persino Clove, che non temeva nemmeno il diavolo. Clove, Clove … Clove! Lei dov’era ora? Stava bene? Aveva retto il veleno? Era morta? No, quello non voleva pensarlo. Non poteva aver permesso a quella ragazza sempre sorridente e speciale con lui e altrettanto dolce, protettiva e importante per la sua famiglia di lasciarsi uccidere così. Non dopo che lei era sempre stata pronta a tutto, a partire dalla Cornucopia, a non farlo fare a lui! Il ragazzo del distretto 3 dimostrava numerose punture e si muoveva ancora a scatti, intrappolato nel tormentato sonno prodotto dal veleno degli aghi inseguitori. Lui non poteva aiutarlo. Cato si alzò ancora frastornato e cercò in giro le tracce della partner, ma non trovò nulla: Clove non era riuscita ad arrivare al campo, brutto segno. In quel momento ricordò la voce strozzata della sua amica che lo supplicava di darle una mano, le imploranti richieste d’aiuto che lui, stupido com’era aveva confuso con delle allucinazioni da veleno. Una ghiandaia imitatrice si posò su un ramo sopra di lui e iniziò a ripetere con la sua vocina una frase, che alla lunga divenne una rilassante nenia: <<Cato, vinci per me, Cato, vinci per me, Cato, vinci per me …. Cato, vinci per me!>> il ragazzo si riscosse e prestò attenzione al timbro che la ghiandaia stava imitando: pimpante, leggero, fresco, il tono di voce di Clove! Che, allora, doveva aver cantato all’uccello di recente. Quella scosse le ali e scomparve nel bosco. Cato si lanciò al suo inseguimento e fece così tanta attenzione che non si accorse di aver distanziato la base di qualche decina di metri, prima di inciampare in qualcosa di grande e coperto di rugiada. Guardò meglio, iniziò a spostare la giacca del tributo che si trovava davanti e spogliarlo delle sue armi, quasi tutti coltelli, coltelli che aveva già visto prima. Ma la sua mente preoccupata e ancora annebbiata dal veleno non riusciva a focalizzare dove.

Clove aprì gli occhi quando sentì un colpo violento allo stomaco, come se qualcuno fosse arrivato correndo e le avesse dato un calcio. Era ancora nell’arena, che brillava di tutti i toni del verde, sotto il cielo nuvoloso, una ciocca dei suoi stessi capelli le copriva la visuale. Era sdraiata su un fianco, rannicchiata e guardava la bosco, nel centro di un grande prato, lo stesso in cui era svenuta dopo l’attacco delle vespe. Avvertì qualcuno alle sue spalle, un altro tributo sicuramente. I pensieri e le sensazioni erano lenti a mettersi in fila nella sua testa, ma sentì che l’intruso le aveva sfilato la giacca e stava trafficando con i suoi coltelli. Affondò la faccia nella camicia sbottonata e la canottiera borduax impregnata di pioggia le rinfrescò il viso. Quando ebbe il coraggio di muoversi anche se impercettibilmente, vide l’elsa nera del suo pugnale assicurata alla sua cintura e la mano dello sconosciuto che si avviava ad afferrarla. Non aveva la forza per reagire, la mano forte di lui e la sua presa salda la schiacciavano a terra, le forze se ne andavano e attendeva solo il momento in cui l’avversario si fosse servito dei suoi stessi coltelli per metterla ko. Ma non avvenne: quello le infilò una mano sotto il fianco e la rigirò supina. Il sole che compariva timido dietro le nubi la accecò e quando si riprese percepì di aver la testa appoggiata sulle gambe incrociate dell’altro. Nel nulla bianchissimo della luce solare vide riemergere il profilo di un ragazzo, forse qualche anno in più di lei, distinse i suoi capelli a spazzola rossi e i suoi occhi scuri e sottili, il naso fino e le lentiggini tipiche della gente del suo distretto. E se non era una coincidenza, quello che aveva di fronte era proprio l’altro tributo del 2.

Cato ispezionò il viso della ragazza che aveva soccorso con estrema cura: occhi scuri e grandi, capelli neri lunghi oltre le spalle fino al petto, naso all’insù e tante, fitte graziose lentiggini. Le accarezzò quei puntini sulle gote, come avrebbe fatto con Clove, forse perché quella che gli stava davanti ricordava davvero tanto la sua partner. Probabilmente troppo per essere un’altra dei tributi. Non ebbe il tempo di valutare quell’ultimo pensiero perché la poverina fra le sue braccia mugugnò qualcosa: <<Cato?>> chiese quasi spaventata. Egli vide il suo braccino pallido salire fino al suo volto e quando ne percepì la freddezza ebbe il coraggio di ricacciare indietro le lacrime e di rispondere: <<Clove, sei tu, vero?>>.

Clove non fu brava come il compagno a soffocare i gemiti e a mascherare le proprie emozioni, perché si drizzò a sedere ignorando il dolore e le proteste dei suoi muscoli malridotti e gettò le braccia al collo di Cato. Gli impregnò la giacca di lacrime, che le scendevano numerose dagli occhi arrossati. Sentendo la stretta di lui sul suo corpicino infreddolito e tremante, quasi rassicurata si staccò e lo fissò negli occhi. Brillavano, ma non capì di cosa. Cercò di riprendersi e gli disse ancora scossa dai singhiozzi: <<Scusami se non ti ho seguito, se ho lasciato morire Lux, se non ti ho aiutato. Sono stata debole, lo so. E so che un favorito non dovrebbe esserlo, che dovrebbe essere forte. Ma le vespe erano dappertutto e mi hanno punto e stavo male e Lux mi è morta di fianco. Io ho provato ad ammazzare il ragazzo innamorato prima che facesse scappare Katniss, ma vedevo tutto doppio e ti ho chiamato ma non rispondevi. Credevo fossi morto!! Allora mi sono arresa anche io, perché non ce la facevo. Scusami, Cato, scusami …>> si fermò e riprese fiato continuando a piangere. Lui sorrise e le rispose <<Ho avuto paura di perderti, mi importi solo tu, Clove. Sei stata stupenda fino ad adesso. Non avere paura: ti proteggo io, sei con me ora.>>. Clove ebbe la forza di sorridergli piena di gratitudine, poi immerse nuovamente la sua faccia nel petto di Cato e sentì le lacrime silenziose di lui bagnarle la camicia. Allora seppe che avrebbe lottato solo per far vincere Cato. Che se lei sarebbe morta, Cato era la priorità su tutto. Lui doveva andare avanti. La pioggia iniziò a scendere e si strinsero nei loro giacconi. L’uno vicino all’altra, mentre tutta Panem poteva vedere quanto si da per il proprio compagno.

fine prima parte