Cato e Clove parte 2

Ed eccomi al secondo capitolo dei quattro testi in cui riscrivo le parti più significative della vita di Clove e Cato nell’arena. Qui rivedo in chiave mia la loro reazione dopo che Katniss ha fatto saltare in aria le loro provviste. Partiamo da quando i due tornano al campo dopo che si erano ritrovati poco dopo l’albero dove erano stati attaccati dagli aghi inseguitori.

“Ci misero un po’ a tornare dove Marvel e il ragazzo del 3 li stavano aspettando: Clove zoppicava terribilmente e la puntura sotto l’occhio dava a Cato grandi problemi di vista e forti fitte di mal di testa. Si fermarono parecchie volte ma alla fine giunsero all’accampamento a pomeriggio inoltrato. Clove rimase sconvolta come lo era stato il suo partner a vedere Marvel così malridotto, il moccioso del tre disteso prono su un letto di aghi di pino, immerso nel pus verdastro, poi ancora il ragazzo del quattro morente e ansimante ai piedi di lei e, cosa più dolorosa, l’assenza della loro alleata ma soprattutto di Lux. Clove rivide per un secondo le sue treccine a lisca di pesce bionde come il grano, i suoi penetranti occhi verdi e la sua voce limpida e profonda: lei era la sua migliore amica lì dentro, non poteva averla lasciata morire così e per mano di quella strega di Katniss Everdeen! Asciugò la lacrima che le stava solcando la guancia. Qualcuno le appoggiò la mano sulla spalla: Marvel, con gli occhi pieni del suo stesso dolore. Lei tentò di abbozzare un sorriso ma era ovvio che non le era riuscito, lui le scostò una ciocca di capelli dal viso e con uno sguardo le comunicò che non era necessario. “invece, sì che è necessario!” pensò lei e qualcosa trasparì sul fondo dei suoi occhioni marroni, perché Cato e Marvel risero in coro, strappandole la prima risata da quando era suonato il gong dell’inizio dei giochi.

Quando il ragazzo del tre si svegliò Clove rimase al campo a curarlo, mentre gli altri due andavano a caccia: <<Secondo te la ragazza del 12 sarà morta?>> Cato si accorse di desiderare un sì più di qualunque altra cosa.

<<No, il cannone non ha sparato. Ma lo farà presto. Devo vendicare Lux e non rinuncerò finché lei non sarà portata via dall’hovercraft.>> Marvel strinse le mani sulla sua lancia.

<<Ce la pagherà. Quel nido le costerà la vita!>> concluse l’altro. E tornarono a cacciare in silenzio.

Clove stava provando in tutti i modi a salvare il ragazzo del distretto 4. Anche il suo compagno del 3 la stava aiutando: foglie, bendaggi, medicine …. Nulla sembrava funzionare. <<Va a cercare altre foglie, qui continuo io>>. Lui accettò e sparì nel bosco con il suo solito coltello. Clove fissò il ragazzo che si contorceva per il dolore fra le sue braccia. Odiava essere impotente di fronte a qualcosa. Il poveretto emise un piccolo rantolo. <<Cosa? Che hai detto?>> chiese lei accostando l’orecchio.

<<Grazie Clove. Anche da parte di Lux e Denise>> ecco come si chiamava la ragazza del distretto 4.

<<E tu come ti chiami?>>.

<<Dover ….. vinci anche per me. E vendicami.>>

<<Lo farò … Dover, non morirai adesso. Non anche tu.>> lui sorrise e lei riprese a medicarlo.

Il ragazzo del tre comparve poco dopo con le mani piene di foglie e bacche medicinali. Si misero lì insieme e quando il sole iniziava tramontare, Dover sembrava stare meglio. Nel cuore della notte, Clove si svegliò di soprassalto, avvertita dai suoi mugolii di dolore. Cato doveva montare il turno di guardia ma, vinto dalla stanchezza, aveva retto solo poche ore; forse due e non l’aveva informata dello stato del loro alleato: era gonfio, gli occhi fissi nel vuoto, il petto che si abbassava e alzava velocemente, il respiro mozzato dalle fitte acute all’addome, dove c’era la puntura più evidente. I quattro favoriti fecero appena in tempo a svegliarsi che il cannone sparò e il loro compagno rimase immobile. Tutto accade troppo in fretta: l’hovercraft, l’inno suonò e il sigillo brillò nel cielo e illuminò tutti i morti; il tributo femminile del 7, il ragazzo del 10 e Dover.

Cato non lo poteva più sopportare: le punture avevano ucciso quattro dei suoi alleati e l’artefice era ancora viva! Attese la mattina per sfogarsi, quando tutti insieme uscirono per la caccia, compreso il ragazzo del tre. Marvel e Clove lo convinsero che non c’era bisogno di una sentinella. Le provviste, ordinatamente di sposte a piramide, erano protette da un fitto campo minato: era praticamente impossibile sopravvivere e far esplodere la baracca.

Mentre erano nel bosco il fumo di un fuoco da campo si alzò nel cielo, attirando l’attenzione del ragazzo del tre. Si diressero tutti in quella direzione e quando trovarono l’accampamento non c’era nessuno. In tanto il fumo di un secondo fuoco si innalzò coprendo il sole. Spazientita Clove si lanciò nel folto e sbucando nella radura da cui proveniva l’odore del fuoco si accorse dell’ennesimo inganno: anche lì il falò era incustodito. Mentre i tre dietro di lei discutevano sulle possibili spiegazioni, un botto fece vibrare il terreno: mine, e le uniche mine ancora attive erano… <<Le provviste!>> il grido di Cato sovrastò tutto e mentre egli scompariva da dove erano venuti, il pugno di Clove si serrò sul coltello che reggeva: <<Katniss Everdeen>> sibilò rabbiosa.

Quando Cato sbucò nella radura vicino al lago, la piramide era solo un cumulo di macerie fumanti. Vide solo rabbia per i dieci minuti successivi, rabbia che culminò quando le offese al ragazzo del tre lo fecero arrivare a tirare forte la testa del malcapitato di lato. Morto, lui ancora non se ne rendeva contro ma ora i favoriti erano solo in tre. In tanto che si sfogava con i resti del cibo, la voce di Clove lo fece ragionare per un secondo:<<Cato, ora cerca di clamarti prima che tu uccida anche noi. Lui ci ha solo dato una mano!>>.

<<Dobbiamo tornare nel bosco!>> disse lui con il fiato corto.

<<Cato, aspetta: che motivo ne abbiamo? Sarebbe una barzelletta dire che chi ha fatto saltare in aria tutto sia sopravvissuto. Restiamo qui e stasera vedremo chi è stato.>> il discorso di Marvel filava alla perfezione, così attesero, ma nessun volto a parte quello del ragazzo del tre illuminò il cielo.

Marvel partì di prima mattina, mentre gli altri due dormivano ancora. Con una corda, il suo zaino e una lancia. Aveva capito: Rue, la piccolina che saltava sugli alberi. Era lei che aveva acceso i fuochi da campo, mentre qualcun’altro faceva saltare le provviste … e quella persona era Katniss Everdeen. La cercò per tutto il bosco, ma di lei nessuna traccia, poi però un esserino marrone si mosse nel sotto bosco, fu un attimo: lanciò la rete e Rue cadde a terra, i suoi gridolini acuti mormoravano il nome di Katniss all’infinto. Marvel attese che la ragazza sbucasse dagli alberi per affondare la sua lancia nello stomaco della bambina. Aveva vendicato Lux e un ghigno gli affiorò sulle labbra. Ora avrebbe terminato l’opera: stava per estrarre la lancia per uccidere anche quella mocciosa del 12, ma una freccia arrivò prima: dritta nel suo collo. Il sapore di sangue gli invase la bocca e il naso, non entrò più aria e lui si accasciò al suolo.

Clove si svegliò al crepuscolo, si stiracchiò e cercò Cato lì attorno: era seduto accanto a lei, gli occhi gonfi e arrossati. La sua voce dolce e addolorata la spiazzò: <<Clove, Marvel ha scoperto chi ha fatto saltare le provviste: è stata Katniss con l’aiuto di Rue, quella piccolina. Bè, è riuscito ad uccidere la bambina, poi Katniss ha ucciso lui …>>. Le ci volle un po’ per assimilare quelle parole e quando ci riuscì, afferrò il coltello più vicino e lo scagliò contro un albero, poi un altro e un altro ancora. Lui l’afferrò da dietro per calmarla, la sua stretta ferrea la fece sentire in trappola e iniziò a sbraitare: <<Perché non sei andato ad aiutarlo? Perché non mi hai svegliata? Hai fatto morire anche lui! Siamo solo noi due adesso! Perché non hai massacrato quella strega? Non hai vendicato Lux, Dover e Denise? E hai ucciso il ragazzo del tre senza motivo senza preoccuparti di quello che ti dicevamo! Sei stato un codardo, quando Marvel se né andato non lo hai cercato … Sei rimasto qui! Non lo hai salvato, tu sai solo uccidere!! Perché Cato? Perché?!>>. Stava urlando, si rese conto di aver paura del partner e della sua reazione ma non riusciva a fermarsi. Si girò verso di lui e prima che riuscisse a muoversi Cato le bloccò i polsi. Allora iniziò a tempestargli il petto di pugni, non le importava della morsa che le stava rendendo insensibili le mani. Ricacciò indietro le lacrime e urlò ancora più forte.

Cato non sapeva cosa dirle, soppesò le sue parole e forse era vero: lui era rimasto lì all’accampamento, mentre Marvel era uscito solo, lui aveva ucciso il ragazzo del tre che non aveva fatto nulla. Erano rimasti in due e solo uno poteva arrivare alla fine. Avrebbe dovuto uccidere anche Clove prima o poi, visto che era l’unico ad averne l’occasione e ad essersi guadagnato la fiducia della ragazza. Poi pensò all’ultima frase che lei gli aveva urlato, il fatto che lui fosse solo un assassino. <<Vorrà dire che ti aggiungerò alla collezione, dalla via che io posso solo uccidere.>> lo sussurrò appena, ma Clove si fermò e lo fissò con gli occhi pieni di terrore: aveva sentito evidentemente. <<Tu non puoi essertene approfittato …. Non puoi aver voluto la mia fiducia solo per uccidermi.>> con la voce rotta dalle lacrime e dalla paura balbettò una manciata di parole. Rimasero in silenzio tutti e due. Cato non sopportava il suo sguardo inorridito di fronte a quella frase. Allentò la presa sui suoi polsi, spiazzato dai suoi stessi pensieri, e abbassò la guardia.

A Clove bastò per girarsi e afferrare un pugnale e il suo zaino pieno di provviste e armi, di gettarsi la giacca sulle spalle e di girarsi per puntare Cato dritto al cuore: era pronta a colpire ma la lama della spada di lui, fredda e letale, le incise tutta la parte sinistra del volto e scese fino al collo, che si tinse di rosso. Poi lui staccò la spada e usò la sua tecnica più efficace: mirò al suo fianco sinistro con un forte fendente, che Clove schivò con abilità. Ma l’acciaio tornò indietro e le recise in modo grave il fianco destro, squarciandole giacca, camicia e canottiera e imbrattandole i pantaloni di sangue. Scese fino al polpaccio sinistro e le tagliò i due bubboni lasciati dalle punture delle vespe ibride. Le mancò il fiato e le gambe cedettero, lo zaino attutì il colpo e il suo stesso pugnale le colpì le dita che iniziarono a macchiarsi di rosso. Il viso di Cato che spiccava sullo sfondo del tramonto coperto di nuvoloni grigi la fece sussultare. Aveva il volto solcato dalla vergogna, dalla preoccupazione e dallo stupore, ma agli occhi di Clove sembravano tutte cose false. Prima che lui potesse scusarsi, lei balzò in piedi, recuperò tutti i suoi coltelli e schizzò nel boschetto al lato opposto del lago. Quando il ragazzo scomparve dalla sua vista, rallentò e si fermò per valutare la gravità delle ferite: le gambe e il viso erano poco più di lunghi tagli, i graffi che si era fatta con il pugnale sulle mani erano una sciocchezza ma la ferita al fianco era profonda almeno quattro dita e sanguinava parecchio. Si sfilò la canottiera, la strizzò dal sudore e dall’ulteriore sangue e si fasciò il ventre, cambiando molte volte il bendaggio e attendendo che passasse la notte. Al mattino, un ramo spezzato tradì l’intruso che si stava avvicinando.

Cato notò gli occhi marroni di Clove spalancarsi alla luce dell’alba. Mise via la spada e si guardò intorno, per essere sicuro che nessuno fosse nei paraggi; appena tornò a rivolgere lo sguardo al giaciglio della ragazza lo trovò vuoto. Si sfilò il cappuccio e prestò attenzione ai rumori intono: uccelli che cinguettano, il vento che soffia e il sibilo di un coltello che arrivava nella sua direzione: si appiattì al suolo e qualcuno lo mise faccia a terra e lo immobilizzò con le ginocchia premute sulle scapole. Il primo coltello si conficcò nel terreno di fronte a lui, nel frattempo una seconda lama gli minacciò la gola. <<Cosa vuoi traditore? Non ho molto tempo, ti conviene fare in fretta.>> il tono secco e lapidario di Clove lo fece rabbrividire.

<<Clove, fammi spiegare: non volevo uccidere Marvel, mi dispiace di non essere andato ad aiutarlo, ammetto che sono stato un codardo ma per quello che ti ho detto, non devi prendermi sul serio>>.

<<Quindi tu no volevi davvero ammazzarmi quando mi hai squarciato il ventre a metà? E io ti dovrei credere?>>.

<<È che ti ho visto con quel pugnale e ho avuto paura, ho agito d’istinto>>.

<<Io comunque non mi fido più di te>>.

<<Va bene, fa quello che vuoi. Ma concedimi almeno di darti una mano con la tua ferita.>>

La ragazza esitò, senza staccare il coltello dalla gola di Cato e alla fine acconsentì.

<<Poi però te ne vai.>>

Cato la fece distendere e le sbottonò la camicia, le lavò il taglio e le bendò con cura tutta la pancia. Anche quella notte arrivò rapida: Clove era rimasta distesa tutto il tempo, con un pugnale a portata di mano e non aveva rivolto all’altro nemmeno una parola. Quella sera, mentre si preparava per dormire, scrutò con disinteresse il cielo: Marvel e Rue, erano morti solo in due. Intanto pensava come avrebbe salutato per l’ultima volta il suo partner, che in quel momento stava comparendo con alcuni pezzi di carne in mano. Mangiarono però poco e controvoglia e il silenzio che caratterizzava il pasto stava stressando tutti e due. Clove lo ruppe con disinvoltura: <<Non hai fame?>>.

<<Nemmeno tu, a quanto vedo.>>.

<<Ora come da accordi te ne vai ….>>.

<<Già, in bocca al lupo. Spero di non vederti comparire nel cielo domani notte>>.

<<Altrettanto …>>.

Mentre lui puliva la spada, lei si rifaceva la coda e i loro sguardi si incrociarono: era imbarazzante, ma c’era tutto quello di cui entrambi avevano bisogno negli occhi dell’altro: una persona a cui voler bene e di cui fidarsi. Cato abbassò il volto e fissò il terriccio sotto i suoi piedi, Clove si avvicinò e gli posò la mano sulla guancia. Lui la strinse e la abbracciò forte, sentendola sciogliersi in quella stretta. Quanto tempo rimasero così vicini, con la testa di lei sulla sua spalla, lo sanno solo gli spettatori che stavano incollati allo schermo. Senza rendersene conto sorrisero insieme, poi le loro labbra si incontrarono. E furono poche le parole che riuscirono a dirsi:

<<Non te ne andare, Cato>>.

<<Non lo farò mai, Clove>>.