Cato e Clove Parte 3

Siamo arrivati quasi alla fine: perché se davvero Cato ha raggiunto Clove quando Katniss e Thresh stavano scappando, qualcosa si sono detti no? E mentre gli innamoratini sventurati erano nella grotta, i favoriti non stavano a girarsi i pollici, giusto? Bè ecco come è andata, prima e dopo il fatidico festino ….

Le giornate trascorrevano più lente da quando lei e Cato avevano avuto l’ultimo scontro, e Clove ci pensava di continuo: a quella lotta, e a come fosse stata stupida a provare anche solo a ferirlo dopo tutto quello che lui aveva fatto per proteggerla. Perché era ovvio: Cato voleva proteggere lei nell’arena, non poteva essere altrimenti se ogni occasione in cui c’era un pericolo la lama della spada del suo partner arrivava comunque prima di quella del suo aggressore.

<<Clove, come sta il tuo bacino?>> la voce di Cato la strappò dal sonno in cui era cullata.

<<Meglio, grazie …>> era da alcuni giorni che la ferita all’addome non le dava più problemi. Notò le occhiaie sul volto di lui.

<<Devi dormire, Cato. Hai l’aspetto di un lenzuolo ….>>.

<<Non mi fido molto: ci sono alcuni avversari che è meglio tenere d’occhio>> ribatté lui.

<<Facciamo così: se arriva qualcuno ti sveglio, promesso.>>

Lo sguardo del suo compagno guizzò verso il fondo del sottobosco e dopo poco anche lei notò la fenditura di roccia protetta dai salici: una caverna.

<<Sistemiamoci lì … prendiamo armi e cibo e vedremo poi il da farsi.>>

<<Buona idea. Ti aiuto.>>

Passarono il resto della giornata a preparare il loro rifugio, con calma e in assoluto silenzio.

Arrivò in fretta la sera, accompagnata da un tremendo acquazzone.

<<Piove come da noi in un giorno di novembre>> ricordò la ragazza con un sorriso.

<<Già, aria di casa: non so se sia un bene o no.>>

A quel punto Clove si preoccupò un po’: Cato era sempre spavaldo e raggiante e ora… che gli era successo?

<<Stai bene, Cato? C’è qualcosa che non va?>>.

Qualcosa brillò nei suoi occhi verdi e lui parve riscuotersi: <<Cosa? No, nulla. Tranquilla>>. Abbozzò un sorriso, triste e spento.

<<Non è vero>>Clove si accorse di avere un tono accusatorio.

<<Ti dico che non c’è nulla ….>> proseguì lui in tono piatto.

<<Non obbligarmi a puntarti un coltello alla gola>> e per avvalorare la sua messinscena sfoderò un coltello dalla sua giacca; Cato sorrise ancora e il suo sguardo si piantò negli occhi neri di Clove che si divertì a studiarlo al meglio: due fessure eleganti, illuminate del verde acceso della primavera, dentro cui giocavano pagliuzze dorate e dove una lucida pupilla nera dava accesso ai pensieri del ragazzo. Ma se il suo campo visivo usciva dal confine che le ciglia di lui contrassegnavano, c’erano cicatrici e graffi, sangue rosso acceso e un velo di occhiaie ….. tornò a fissare gli occhi, notando che il bagliore di divertimento sul loro fondo si era spento e che ora puntavano verso di lei, ad un punto preciso del suo corpo. Allora la reazione del suo compagno la distolse dal suo viso perfetto e lo osservò lasciarsi crollare a terra con la schiena appoggiata alla parete di roccia, stringere le mani sull’elsa del macete per poi abbandonarlo poco distante, il tutto continuando a fissare il suo bacino squartato.

Cato guardava quella ferita e gli sembrava di poter sentire il dolore che Clove aveva provato quando la sua lama l’aveva colpita, Si morse il labbro e abbandonò la testa fra le gambe mentre la voce della sua compagna gli trapanava la mente come un sasso: << Tu sai solo uccidere!! Perché Cato? Perché?!>>. Frasi che facevano male, urlate dall’unica persona che si era ripromesso di non tradire mai …. La fasciatura si era disfatta e lasciava intravedere una parte della ferita che Clove aveva sull’addome : un taglio di tre dita di profondità che solo un esperto poteva fare e questa era un’altra prova che affermava che lui era bravo solo ad uccidere. Soffocò le lacrime ma non sollevò la testa dalle sue ginocchia, non era pronto a vedere la faccia di Clove di nuovo, non voleva obbligarla a stare lì e a rischiare la vita dopo che era stato lui stesso a portarla ad un passo dalla morte. Però si accorse di aver bisogno di sentire il suo corpicino esile ed elegante vicino al suo …. Non importava, avrebbe soffocato quella sua esigenza se era l’unico modo per far tornare la sua partner a casa, di farla vincere. Provò una fitta alla gola nel mandarla via ma la ignorò e parlò comunque: <<Clove, devi andare via.>>

Fu una strana sensazione: vide le labbra di Cato muoversi ma la sua voce arrivò più tardi e, se l’aveva sentita bene, la stava cacciando. Le vennero in mente un mucchio di cose da fare: uccidere Cato, urlargli addosso e scappare, arrabbiarsi e non dirgli più nulla (tutte includevano anche piangere) ma alla fine decise di comportarsi ascoltando non l’istinto ma il cuore. Sbatté le palpebre, appoggiò il coltello che aveva in mano e si sedette di fronte a lui: “Puoi tirargli una sberla adesso o tagliargli la gola più tardi!” la parte più scossa di lei le suggerì questo ma si controllò e, appoggiandosi sui talloni, lo guardò pensando al da farsi.

<< Non credo che il coltello funzionerà stavolta >> iniziò provando a sorridere.

<< Una lama serve sempre a far del male agli altri >> ora la voce di Cato era addolorata e nascondeva un leggero pianto, gli stava solleticando il ventre dove c’era il taglio …

<<Oh, Cato >> ora Clove aveva capito << Non è colpa tua, ero io che ti sbraitavo contro e non te lo meritavi. Non meritavi questo e nemmeno la mia freddezza quando sei venuto a cercarmi … non meritavi di incontrare una mocciosa che ti facesse stare così male: tu dovevi avere una di quelle bellissime ragazze che ci sono nel nostro Distretto, che ammirasse tutte le tue qualità, invece che limitarsi ad utilizzarle. Tu devi vincere, tornare a casa dove tutti possono vedere quanto è giusto io 10 che hai avuto in addestramento!>>.

Ascoltare la ragazza dei coltelli parlare e sminuirsi così lo fece uscire dal suo stato di dormiveglia: doveva darle delle spiegazioni.

<< No, Clove: tu ti meriti questo. E infatti devi stare lontano da uno come me … che sa solo uccidere. Avevi ragione: io non so fare altro, basta guardare come ti ho ridotto con la mia spada.>>

Cato sentì il suo mento accarezzato dalle dita fredde di Clove, si ritrovò a fissare i suoi occhi innocenti, da bambina. Le loro mani strette insieme, poi quella di lei che lentamente si alzava: una sberla, e lui se la meritava. Ma il braccio sottile di Clove gli circondò i fianchi, la sua chioma di splendidi capelli neri che si appoggiava alla sua spalla. In quel momento toccò a Cato esaminare lo sguardo della ragazza dei coltelli: occhi grandi e marroni, ciglia lunghe, una graziosa cornice di lentiggini che ornavano gli zigomi delicati.

<< Cato, ti ricordi quella volta in cui pioveva come oggi e mia madre venne portata all’ospedale?>>

<<Come se fosse ieri>>

<< Quel giorno mi hai trovata al confine del recinto che separa il mio quartiere dalle montagne, fradicia di pioggia e di lacrime. Avevo sei anni, e tu sette forse otto.>>

<< Sette. Sì esatto, hai una grande memoria>> quel racconto cullava entrambi come una coperta.

<< Tu mi sei venuto vicino e mi hai avvolto nella giacca di tuo fratello, mi hai accompagnato a casa e prima di andartene mi hai sorriso>>.

<< E’ stato più forte di me, avevi qualcosa di speciale>>

<<Anche tu perché quel giorno ho capito di …..>>

<< Attenzione tributi, la capitale vuole essere generosa con voi oggi e vi informiamo quindi che all’alba troverete, di fronte alla Cornucopia, uno zainetto con dentro qualcosa di cui ognuno di voi ha disperato bisogno, qualcosa che potrebbe addirittura farvi vincere. Ci vediamo fra poco. L’annuncio non verrà ripetuto>>.

Quando Clove si riscosse Cato si era addormentato, durante l’annuncio probabilmente. Era la sua occasione: nessuno poteva impedirle di portare a Cato ciò che lo avrebbe fatto vincere.

Pochi preparativi ed era pronta: si appostò e attese a lungo. Voleva vederla uscire. La rossa schizzò fuori all’improvviso, prese il suo zaino e se ne andò, da ignorare. Scorse Cato uscire dalla grotta e chiamare il suo nome. “Non rispondergli, devi resistere se vuoi che viva ancora”.

Eccola! Una sagoma marrone schizzò attraverso il campo e Katniss Everdeen apparve correndo a qualche metro dal tavolo con gli zaini. Ora!

Scattò come una molla e sfoderò due coltelli con velocità, lanciò il primo: schivato. Secondo tentativo: va a segno! La ragazza in fiamme crollò a terra con il viso coperto di sangue.

Clove le fu addosso in pochi secondi, la piantò a terra e le puntò un terzo coltello alla gola.

<<Allora, dov è il tuo innamorato, distretto 12?>> sentì il piacere pervaderla come un fuoco.

<< È qui per aiutarti? Che pensiero dolce ….>> stava facendo le fusa, e le piaceva.

<<Dovresti mandargli un ultimo bacio. Ma credo che fra poco la tua bocca non ci sarà più!>> ringhiò selvaggiamente. Adesso ci voleva il colpo di grazia.

<<Non sei contenta di poter raggiungere la tua amichetta? Quella che saltava sugli alberi? La piccola Rue, che pena che ha fatto a noi favoriti ucciderla>> concluse Clove in tono sarcastico. Mancava un centimetro e le avrebbe inciso il labbro ma qualcosa la strappò via dalla ragazza in fiamme.

Si trovò sbattuta contro la Cornucopia, a pochi centimetri dal suo viso il volto infuriato del ragazzo del distretto undici, compagno di Rue. Ebbe paura, per la prima volta.

Cato corse alla cieca davanti a sé, sperando che la ragazza che stesse inseguendo fosse Clove. Ma si sbagliò: quando arrivò a qualche metro dalla sua “preda” scorse la chioma rossa della ragazza dalla faccia volpina. Frenò all’istante e, preoccupato, trornò da dove era venuto. “Non può essere andata al festino. Non può averlo fatto. Non mi avrebbe lasciato da solo mentre dormivo,. Ma la cornucopia è comunque molto vicina al nostro campo, non correva rischi a farlo.” Una fitta di angoscia lo investì lieve come una nebbia, ma si fece reale solo quando una voce chiamò Disperatamente il suo nome. Clove …..

Clove era in preda al panico: la stretta del suo assalitore le bloccava il respiro e la sua voce potente la faceva sobbalzare.

<<Hai ucciso tu quella ragazzina. E non mentire: hai detto il suo nome!>>

La sbatté contro il corno. <<No, non sono stata io!>>.

<<L’hai squartata come volevi fare con questa ragazza!>> un’altra botta, più forte.

Chiamò il nome di Cato e le parve di avere una risposta.

<<Voi, spregevoli favoriti!>> questo commento la fece ritornare in sé. Come si permetteva di insultare persone che nemmeno conosceva?! Ripensò a Glimmer e Marvel, ai ragazzi del 4 e al suo compagno. Gli avrebbe risposto con onore, lo avrebbe fatto soffrire: non importava la conseguenza … lasciò uscire le parole senza pensarci ed ebbero l’effetto sperato.

<<Sì, l’abbiamo uccisa noi la tua amichetta. Il ragazzo dell’1 precisamente. È stato facile farla soffrire, debole come era. E ti dirò di più: io e Cato ti faremo passare tutto quello che non abbiamo fatto a lei!>>. Il colpo fu fatale.

Clove batté la testa contro il metallo e la colonna vertebrale si spezzò. Tutto perse consistenza e i suoni le giunsero ovattati.

<<Clove … Clove ti prego: non morire!>> era Cato, era arrivato! Ci era riuscito! Non lo stava sognando: i suoi occhi verdi brillavano sopra di lei, ma adesso erano pieni di lacrime. Sollevò la mano e ne asciugò una.

<< Sarai tu a vincere Cato, io lo so. Sei il migliore. Ricordatelo.>>

<<No, Clove, non dovevi farlo! Dovevi restare in quella grotta e vincere insieme a me!>>

<<Solo uno torna a casa.>> sentiva il dolore diminuire, stava morendo per davvero.

<<Ti vendicherò. Ucciderò Thresh e quelli del 12. Pagheranno per la tua sofferenza. E troverò il modo di farlo anche io.>>

<<Sto morendo guardando una delle persone e a cui tengo di più al mondo, e la vedo stare bene. Mi basta questo. Se tu sei salvo, io no sto soffrendo davvero …>>

Cato ammutolì e lasciò che le lacrime scorressero libere. Strinse la mano di Clove più forte, la strinse a sé e la baciò a lungo. L’ultima volta, che non avrebbe mai dovuto avere fine.

<<Ti amo, Cato>>

<<Anche io, Clove>>.