Il libro prigioniero – Storia troppo comune?

Cari compagni,

nell’ultimo periodo ho iniziato a leggere un libro intitolato “Il libro prigioniero”. Esso è scritto da Miki Monticelli che si potrebbe considerare una “new entry” del paesaggio della scrittura italiana. Questa nuova scrittrice, che peraltro si chiama come me, ha un modo di scrivere piuttosto particolare. Ad esempio, all’inizio del libro, vi è un riquadro in cui c’è scritto:

AVVERTENZA

“Scommetto che non c’è nessuno tra voi che non abbia ascoltato almeno una volta una storia in cui compaiono della Fate. Bella novità, direte. Fate!

Effettivamente anche in questa storia si parla di Fate. E di magia. Molto probabilmente questo vi farà rabbrividire per l’orrore. In questo caso il mio consiglio è quello di chiudere immediatamente il libro. Appoggiatelo esattamente lì dove l’avete preso, e non importa che scocchiate occhiate imbarazzate a destra e a sinistra, sperando che nessuno vi abbia visto, perché probabilmente nessuno sta guardando quello che fate.

Bisogna che vi dica però che, se chiudete il libro adesso, non potrete mai sapere che la Fata di questa storia è ben diversa da tutte quelle di cui avete sentito parlare finora. E che le Fate non sono affatto le stucchevoli creaturine che si nascondono nei petali dei fiori o tra le foglie degli alberi, come pensano alcuni, ma esseri indecifrabili, sfuggenti e straordinari. E così, se adesso chiudete questo libro, non potrete sapere cos’è la Valle Nascosta e che ne sia delle sue perdute Frontiere, di tutte le creature che la abitano, dei mille mostri che la infestano e delle altre cose che…

Ma ecco, ho già spifferato troppo: quel che dovevo dire l’ho detto!

Chi di voi ha deciso così, chiuda pure il libro, con tutti i miei più sinceri saluti, lo rimetta pian piano sullo scaffale e se lo dimentichi subito.

Gli altri, beh… gli altri voltino pure pagina”.

Come probabilmente qualcuno di voi ha notato, questo tipo di scrittura ha un ritmo abbastanza veloce. Esso è stato utilizzato non solo nella prima parte del libro, ma anche in tutto il resto della storia. È forse per questo che la vicenda scorre con passo incalzante, insomma, sicuramente non annoia.

Questo è lo stile che mi piacerebbe sperimentare più di tutti. È energico, vitale, a volte con un sottile strato di ironia, coinvolge il lettore e lo tiene incollato alla storia senza annoiarlo, inoltre c’è quel pizzico di pazzia e stranezza che è presente anche in me.

La cosa che mi è piaciuta di più del modo di scrivere della Monticelli è che utilizza, come amo fare io nei miei testi, parole ricercate e a volte un po’ strambe, ad esempio: “…scocchiate occhiate”. La prima volta che l’ho letto, non ne ho afferrato subito il senso logico, poi ho capito che un’espressione del genere deve essere stata messa lì apposta per colpire il lettore, ed effettivamente ci riesce in pieno.

Spero di poter leggere altri libri di questa autrice poiché, a mio parere, ha un grande talento.

“Il libro prigioniero” racconta di una ragazzina, Cornelia, che viene a scoprire per caso di essere una Fata. Questa scoperta la mette di fronte a pericoli che prima d’allora non aveva neppure sospettato. Un Negromante (leggendo il libro scoprirete cos’è), le vuole rubare i poteri e ciò potrebbe significare la morte di Cornelia, ma…

Ora sta a voi scoprire cosa succede.

So che questa vicenda potrebbe sembrarvi banale e poco originale, in fondo sono poche le storie fantasy in cui non siano presenti Fate o esserini magici. Anch’io all’inizio la pensavo circa così, poi col tempo, ho capito che la storia era davvero appassionante ed avvincente.

Non posso ancora dire che questo libro mi è piaciuto poiché non l’ho ancora finito, però posso dirvi che è molto simpatico e che mi sta coinvolgendo molto.

Consiglio a tutti questo libro, anche ai lettori più sfaticati, poiché non è molto lungo ed è accessibile a tutti.

Ciao

Miki